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Antologia della critica
 
 
Achille Rizzi, Regista cinematografico:
Antonio padula e' pittore volitivo, puntiglioso, con esperienza nutrita con una eccellente base culturale.
Disponibile soltanto ad un discorso artistico impegnato, non volto ad astruserie (ma non dimentico di quel che nei tempi lievita e si impone come ricerca ed evoluzione), punta la sua prua verso approdi non scelti a caso. Pittura la sua intonata ai tempi artistici.
Non volta le spalle a cio' che il passato insegna, ma si vitalizza con quel che di aggiornato l'arte esige: ora sintetizzando, ora mirando all'essenziale, ora facendo ricorso a scansioni nette, a vibranti colpi di pennello.
Idea terminale questa, punto d'arrivo di un discorso decantato nella inventiva e nella macerazione.
E' qui la forza espressiva di un Artista , personale ed attento, che si affida al tramite di una comunicazione che puo' sembrare (e lo e') ardita, ma capace di esprimere una realta' di sentimenti e di preparazione convincente e positiva.
Catalogo della mostra, Angolo Terme, Brescia, 1979
 
Elio Marcianò, scrittore saggista, giornalista, critico d'arte:
Antonio Padula è pittore di tenace coerenza formativa, le cui opere , di sicura impronta autonoma, si reggono su evidenti richiami di natura metafisica-cubista, con qualche svolazzo futurista e conun inconscio accostamento alle ultime chiare figurazioni del Casorati. Il suo modo di sentire la natura è funzione della sua disposizione mentale, educata alla filosofia e alla storia dell'uomo, e ad un certo pitagorismo con i simboli che si riscontrano in motivi ricorrenti, come la bianca tavola e la ciotola greca inserite nella luce del paesaggio mediterraneo. L'artista cerca nella natura il segno di una libera scelta creativa, antimaniera, una sorta di “logos”, i cui termini formali si dispongono nelle coordinate cubo-metafisiche, che favoriscono l'espressione di personali intuizioni, fra ragione e poesia. Perciò le inquadrature paesaggiste si delineano come sono sentite dall'animo, prendendo vita e ritmo per i valori cromatici e per i lsenso della particolare struttura materica.. Cioè sono poiezione della suggestione simbolica, nutrita da sensazione intimistica in una voluta libertà del “creare”la natura a pezzi, senza un ordine precostituito, e quasi per naturale disposizione a cogliere l'umana libertà nella divina libertà. E ciò significa portare nella spontaneità compositiva il fervore della lirica partecipazione, cruenta, disordinata, con un mondo nel conflitto di emozioni, di sentimenti, di memorie.
E l'albero può essere ridotto a materia inorganica, a elemento archetipo di natura-simbolo.
Vuole Padula trasformare l'apparenza naturale in concetto di universale purezza, come recupero di una logica immanente, esoterica , del reale?
Non è presto per intuire queste cose e per guardare lontano, oltre questa mostra.
Italia Artistica, Magalini editrice 1982
 
Federico Mazzatosta, critico d'arte:
...“la pittura di Padula, pur nei diversi periodi del suo itinerario creativo, è soprattutto colore; che questo pittore usa ora alla ricerca di cromatismi e vibrazioni, ora in masse possenti e ferme, ora sintetizzando la luce, la forma lo spazio (i grandi spazi, i lontani orizzonti che egli ama) in paesaggi rarefatti, quasi al limite del surreale nell'atmosfera, ma saldamente ancorati alle cose della natura, la campagna, il mare, gli alberi nella ispirazione..”
Catalogo della mostra Angolo Terme, Brescia, 1979
 
Mimmo Forsetti Forsetti, filosofo, scrittore
Dalla rivista “Bellerofronte”
:
...“Ma la pittura di Antonio Padula e' qualcosa di piu' di una semplice comunicazione di stati d'animo e (fortunatamente) qualcosa di diverso da un sistema del mondo..
Essa infatti porta i segni di una ricerca documentata dall'incessante tentativo di fissare il materiale cromatico in modo da poterlo riconoscere, identificare e ricordare per un certo tempo. Si tratta per cio' di una CONOSCENZA GENERATIVA, il cui “terminus ad quem” ci piace immaginarlo all'infinito...”
Catalogo della mostra, Angolo Terme, Brescia, 1979
 
Franco Cilia, pittore:
...“Ricordo con piacere i suoi paesaggi in bilico fra la quiete tanto cara a Carrà e Morandi.
Il sordo furore ,cosi' personale di Antonio Padula, uccide di colpo i riferimenti di questi due maestri dell'arte italiana. Il suo onirico messaggio e' affidato ad una tavolozza fredda, biaccata, che vive di toni grigi, dove i rossi sembrano appassire sotto la coltre nebbiosa dell'incubo, che avvolge la composizione volutamente spoglia, e lacerato si libera nell'aria l'urlo di questo strano ma autentico artista che e' Antonio Padula..”
Catalogo della mostra alla Sala del Torchio A.A.B. Brescia, 1983
 
Luciano Spiazzi, giornalista , critico d'arte:
...”Antonio Padula cerca la strada di un “vedutismo globale”, nel quale predomina l'istanza di significati che vadano oltre i riferimenti puntuali ai luoghi ritratti.
La casa, il cielo, le campagne, la ciotola ricorrente sul primo piano come elemento archetipo (il cerchio, la sfera) in cui le generazioni si sono ritrovate, gli stessi bruschi passaggi da macchie di colore aspro ad altre che si dispiegano in serene armonie, tutto questo rappresenta per Padula il segno-simbolo di memorie che tendono alla forma per consistere nella concretezza del quadro.
Padula crede molto a quello che fa. Il suo desiderio di identificazione con la pittura e' schietto.
Creare e' diventare se stessi e l'arte permette di toccare con mano la verita' dell'assunto. Si avvertono qua e là e Padula stesso ne offre le indicazioni alla lezione di grandi maestri del passato, da Carrà a Casorati.
Ma poi tutto viene travolto da un candore appassionato che va diritto per la propria strada. E' paesaggismo il suo, singolare fra la turba dei pennelleggianti. Si riconosce insomma ed e' una spia positiva..”
Bresciaoggi 1982
 
Elvira Cassa Salvi, scrittrice, giornalista, critico d'arte:
...”I suoi paesaggi trattati a larghe zone cromatiche, senza contorni ne' spessore, hanno un che di fantomatico.
Forse essenziali: alberi, case, si espandono immateriali e fluide come nuvole con vaga parvenza di simboli”...
Giornale di Brescia 1983
 
Riccardo Lonati, critico d'arte:
...“Frutto di tenace ricerca, le opere di Antonio Padula tendono all'essenzialità. Le case, gli oggetti inseriti nei panorami vasti, gli alberi di quei paesaggi ricomposti a larghe campiture, tanto da apparire, nel loro silenzio, visioni fantastiche.
Accanto all'armonia scandita dai piani che compongono il motivo, accanto ai colori vaporosi, che sfumano uno nell'altro con cadenze sottilmente meditate, stanno però i simboli che l'autore affida ai dipinti: frutto avvertibile di una cultura della quale la resa pittorica s'avvale per l'espressività.
Ne scaturiscono motivi che sanno di ampi silenzi, di intime emozioni e sentimenti attentamente ascoltati. E da chi attentamente osserva è dato di udire allora aspirazioni, desideri di purezza e di pace congiunti laddove la profonda distesa dei campi, della terra s'arresta per dare spazio all'effusa luce del cielo.”
Dizionario dei pittori bresciani Vol. III, Zanolli Editore, 1980
 
Elio Marcianò, scrittore saggista, giornalista, critico d'arte:
...“Di fronte ai quadri di Antonio Padula si va lontano nel tempo, cacciandoci in una specie di antitesi tra il mondo statico dell'essere in una immobilità di rapporti e il mondo dell'essenza, come legge suprema di un ordinato divenire tra cose reali ed eterne nella vita dell'uomo. Perciò l'artista filosofo ci riporta nell'area dei presocratici con i suoi dipinti “intorno alla natura” che è poi il titolo dell'opera di Anassimandro con la prima intuizione dell'infinito con il primo accenno all'aspetto esistenziale.
Pittura metafisca dunque che tende a superare il limite del reale e a dare un significato antico e favoloso delle cose. Pittura che ritrae gli aspetti insoliti, innocenti, crivellati dalla tabula rasa e proiettati sulla tela come espressione emblematica di un candido e nuovo rapporto col mondo.
Padula opera così nei risucchi prospettici dell'anima, dove le ombre possono essere innaturali, le immagini sghembe, le luci e i colori irreali, determinando un rapporto di allucinante silenzio con il mistero e il vuoto.
Forse Padula sente al limite il fascino del principio del Breton, secondo il quale “l'opera d'arte deve abbandonare del tutto i limiti dell'umano, deve rinunziare completamente al buon senso e alla logica”.
La dottrina della sua verità artistica nasce dall'antinomia tra l'umano e l'inumano, fra Anassimandro e Breton, tra la barchetta a vela e la ciotola di terracotta della Magna Grecia. Non si può quindi ignorare la forza di questo artista nella ricerca d'una visione originale, sconcertante. Il linguaggio è estroso, poetico, inventato, ricreatore d'una diversa realtà, associatrice del conscio all'inconscio, del razionale all'irrazionale, dell'innocente al sapiente, del temporale all'eterno, cioè una realtà che sotto l'apparente favola ingenua nasconde l'antica visione del mondo, una visione umanitaria condizionata dalla trascendenza delle cose e dalla vita.”
Panorama d'arte, 1979
 
Mino Morandini, Docente di Greco e Latino e giornalista:
"I dipinti e le ceramiche di Antonio Padula ricordano certe opere di Chagal: C'è la stessa atmosfera magica di ingenuità giocosa, di fanciullesca serenità, eredità di un tempo perduto nel mito dell'infanzia e della terra natale, nostalgia che si intuisce conquistata a caro prezzo con l'esperienza del dolore proprio e del mondo.
Questo mi dicono il ricorso al sogno e l'uso assiduo dell'azzurro, la serietà modiglianesca dei rari ritratti - quasi impacciati e pronti a scusarsi per il loro stesso esistere - la ricerca e l'attesa inesausta del silenzio e della piena luminosità.
Borghi di mare e luoghi di campagna, lago, sole e solitudine, evocati a sostegno del lavoro quotidiano, per rendere più caldo e accogliente il rigido grigiore della città"
Catalogo della mostra al liceo Arnaldo 2007, Brescia
 
Pierfabio Panazza, storico dell'arte:
"Si potrebbe dire che le opere di Antonio Padula, olii e ceramiche, rappresentino l’essenza della pittura, quasi un viaggio a ritroso verso le origini del valore espressivo del colore e della luce. Lontano dagli schematismi stereotipati del paesaggismo di tradizione accademica la sua adesione alla natura ha la spontaneità e la freschezza di uno sguardo innocente.
Scarsa o nulla è la preoccupazione di restituire verosimiglianza spaziale e prospettica. Nelle assolate visioni marine, lungo le inerpicate pendici montane o di fronte alla immobile e appiattita bassa padana l’atmosfera diviene, come per Carlo Carrà, «cosa fissata nello smalto del colore; e il motivo paesistico non ritiene nulla della rapida e commossa adesione sentimentale ad un aspetto fuggevole e incantatore delle cose che è il fascino degli Impressionisti: ma è di nuovo, sotto altri aspetti, composizione» (Brizio).
Non con il disegno ma trattando il colore, quasi istintivamente, per trasformarlo in qualcosa di vivo e palpabile Antonio Padula ci svela un po’ del suo mondo e della sua anima. E di questo gli sono personalmente grato, grato anche per quella vena di socratica ironia che pervade i suoi autoritratti, alcuni dei quali di rara intensità poetica come Antonio “il violinista” (ceramica a fuoco, 1989)."
13 novembre 2007, Brescia
 
Don Mario Neva, scrittore e insegnante di filosofia:
"Al carissimo amico Antonio Padula nel giorno di inaugurazione della sua mostra al Liceo classico Arnaldo.
Autenticità - Il tratto che s'impone parlando di Antonio, ed è un tratto già messo in evidenza da alcuni critici d'arte e della cultura ai quali non mi voglio sovrapporre, è certamente l'autenticità: Antonio è una delle rare persone che hanno il coraggio, la fantasia e l'intelligenza di presentarsi come sono. In questa solidità di approccio alla relazione, alla vita e all'arte Privo di difese e di una benché minima volontà di assumere una posa, Antonio è una persona apparentemente vulnerabile; in realtà è un analista inesorabile di ciò che si muove e si agita nella complessa struttura della coscienza umana. Scomodo e fraterno allo stesso tempo Antonio è troppo auto ironico per paragonarsi al grande maestro dell'ironia, Socrate del quale inevitabilmente tra gli altri ci ritroviamo sempre a dover parlare quando la verità e il logos vengono occultati, oscurati e prezzolati. Antonio insegnante di lunga esperienza, ancora capace anche in età di primo pensionamento di amare con entusiasmo il mestiere di insegnante, è molto ben assestato nelle regioni di una dialettica vivacissima,talvolta paradossale, carica di ironia misurata e consapevole, resa sempre più morbida e piacevole da una dimensione di fede ancora una volta autentica, carica cioè di cosciente volontà di credere. Antonio ha simpaticamente infastidito parecchi ma non ha mai offeso nessuno, il sarcasmo lo incalza e lo minaccia quando sembra davvero impossibile non fare satira, ma sono dimensioni queste sconosciute alla sua riconosciuta bontà.
Cultura e metafisica - La cultura di Antonio è pure essa autentica e abbraccia un campo vastissimo di studio, di considerazioni, di libri letti, di musica ascoltata, di colloqui praticati sempre con lucidità. La densità e la vivacità d'animo, da lui stesso definita mediterranea, napoletana, fatta di sole e di terra, di Grecia e di Corsica, da un lato sembrano inclinare verso forme romaniche e totalizzanti, quasi sensitive, verso una dimensione quasi alchemica della psiche e dell'anima; una vera e propria densità ben più consistente di quell'inconscio da lui traumatizzato nella ricerca e nella pratica psicanalitica che fanno di lui un chiaro luogo di percezione del respiro metafisico del mondo. Ma ciò che pochi forse avvertono è l'emergere doloroso e suggestivo e lui del pensiero logico e razionale; dolore e suggestione nascono dal fatto che Antonio non rinuncia mai alla consistenza di ciò che si prova, si sperimenta e si Vive... Per usare un termine husserliano il suo vissuto sembra vanificare la possibilità di una sintesi superiore che nel pensiero si sottragga, per dirla alla greca, alla voracità del divenire e del tempo per accedere ad una visione razionale del mondo di cui Antonio avverte l'importanza, la necessità, la verità e l'incombenza. Un compito di cura al quale il pensatore autoironico Antonio non si è mai sottratto colorando la ricerca di malinconia dell'assenza di un desiderio di presenza, di piena consapevolezza del fatto che ormai soltanto un Dio ci potrà salvare. Userei dire che la logica esatta attraversa e penetra dimensioni colorate e anche oscure, ci attendiamo dunque nuovi quesiti in questo cammino e nuovi orizzonti.
Pittura e arte, paesaggi - Dirò ora due parole sul pittore. Proprio ieri pomeriggio sono entrato furtivamente nello spazio della mostra; Antonio da solo stava componendo le ultime cose, ho avuto modo di osservarlo inosservato e di meditare sulla corrispondenza del suo modo di essere con questi quadri. Mi è venuta in mente la cascina di Irma in ogni dove dipinta a ceramica, piena di ironici autoritratti e paesaggi per ogni stagione, il cui l'eco qui è fortemente presente. Sebbene non frequento per abitudini le grandi mostre ufficiali ho avuto la ventura in questi ultimi anni di concentrarmi in modo particolare sulla pittura e mi sento di sottoscrivere un giudizio già praticato nei confronti di Antonio: nella linea di sviluppo della sua produzione avverte la presenza di una sostanziale continuità pur nel progresso, si possono anche cogliere innumerevoli temperie del tempo, allusioni ad autori significativi e di moda, alcuni davvero grandi. Ma quello che a mio avviso risalta maggiormente è l'autonomia, anche qui Antonio è se stesso ovvero: Antonio è un greco alla ricerca dell'elemento originario come principio che lo governa;Terra, aria, acqua e fuoco danzano assorti nei suoi quadri. La solitudine che si respira nei paesaggi privi dell'elemento umano è una solitudine tragica, pensosa, consapevole, intima anche gioiosa. Il mare la terra, gli alberi piegati, casolari, sono onde che si susseguono nell'infinito. Un'arte arcaica ma non primitiva, innervata da una tensione consapevole di carattere spirituale ed intellettuale con l'impegno puntiglioso a togliere più che ad aggiungere.
La tavola - Ma il quadro che più rappresenta Antonio da lui stesso scelto come facciata espressiva della sua mostra, è il reiterato motivo della tavola guardata dall'alto in prospettiva, con le ciotole geometriche di creta. Il clima di terra richiama i colori di Caravaggio; in questi quadri della tavola più o meno consapevolmente è il magma caotico del colore intenso ad affiorare dal fondo dell'anima e della visione originaria, che si intreccia magistralmente con la sicura determinazione della forma geometrica. Pensiero questo che sembrerà troppo facile, quasi Niciano ma l'effetto è sicuramente quello dell'arte. Quasi espressione semplice artisticamente calibrata nella posizione dell'uomo dibattuto tra l'ésprit de finesse, in un luogo dove gli amici si incontrano e dove, per dirla con Heidegger e il suo Hoeldrlin, si riconciliano gli elementi nel grande quadrato del mondo. L'essere si ricompone sulla tavola dell'amicizia sempre pronta e disponibile a trasformarsi in una mensa eucaristica; e qui ancora riaffiora la reale esperienza vissuta ad Irma dove oltre al fratello geniale inventore e ai parenti, gli amici che passano numerosi, lasciano il segno portando via sempre il ricordo di una tavola comune; il resto è nostalgia e memoria.
Conclusione - E così concludo ricordando che per Antonio l'accoglienza e l'amicizia sono sacre celebrazioni di una liturgia della vita, momenti di serenità e di gioia condivisa in mezzo alla natura bella in sé, in un mondo in attesa nel quale l'arte, non comprata e non venduta, timidamente affiora con la sua forza invincibile."
1 dicembre 2007, Brescia

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